

L'impotenza dei bambini in un corto di Salvatore Mereu
A Locarno "l'infanzia non incantata" di Su cane est su miu
C'è un'impotenza che avvolge certi ricordi di quando si è bambini. Una sensazione che si ritrova solo in alcuni incubi da adulti. L'umiliazione dell'essere piccolo, fermo, muto, inutile a sé. Quando si guarda "Su cane est su miu", opera di Salvatore Mereu presentata oggi al Festival di Locarno in gara tra i Corti d'autore, ci si sente così. La storia, tratta liberamente da un racconto di Salvatore Cambosu pubblicato nel 1946 sulla rivista "Il politecnico" di Elio Vittorini, si svolge nell'entroterra sardo negli anni '70. A Jacopo vengono affidate delle tortore, che a sua volta lui decide di affidare a Giaime. Il cane di quest'ultimo, Miggia, si infila però nel sottotetto e rovescia la gabbia dove si degli uccelli. Il bambino, che è il più piccolo, si ritrova così a dover dire a Tommaso, che le ha catturate, che le tortore sono volate via. Ad essere punito non sarà però Giaime: nemmeno un pastore incontrato per caso potrà fermare la violenza che Tommaso ha deciso di mettere in atto. "Quando uno sceglie un racconto, all'inizio non sa perché lo fa - sostiene Mereu - ma poi realizza che è perché dice qualcosa del suo vissuto". Non che lui abbia mai assistito a scene cruente come quelle della storia. "Da bambini tutto diventa un'avventura - chiarisce - mi piaceva l'idea che non sempre il mondo dell'infanzia è incantato e privo di crepe, anche se spesso lo si racconta così". I protagonisti - interpretati da Giaime Mulas, Jacopo Devigus, Tommaso Devigus, Magda Devigus e il cane Miggia - sono tutti non attori. "Li ho cercati attentamente nelle scuole in alcune comunità in cui la dimensione della strada resiste - rivela il regista - volevo dei ragazzi che per natura assomigliassero ai personaggi del film". Una scommessa. "Avevo timore Giaime non riuscisse a piangere quando doveva - conclude -. Ma lui ha delle doti eccezionali".
J.Ammar--al-Hayat